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Cast
  • Fleur Geffrier
  • Elina Lowensohn
Produzione
  • Centre du Cinema et de l'Audiovisuel de la Federation Wallonie-Bruxelles

Mon ange (2017)

Regia

Harry Cleven

Trama

Opera colta e raffinata, almeno sotto l’aspetto iconografico, il film belga Mon ange,colloca i propri riferimenti da qualche parte tra Malick e Botticelli e ci dona un’esperienza visivamente splendida ossimorica rispetto ai fini teorici che sono quelli di dimostrarci l’importanza del “non vedere”, della cecità che permette di fare tabula rasa dell’eccesso di visioni per riuscire a cogliere tutti i dettagli della vita e dell’amore, per andare all’essenza delle cose. Amplificazione di sensi altrimenti non utilizzati e persi nell’orgia di immagini da cui ormai siamo invasi in ogni momento.

Per costruire e dimostrare la sua teoria il regista Harry Cleven (dal passato non certo memorabile con qualche opera cinematografica di poco risalto e molto lavoro televisivo) s’inventa la storia del figlio di una donna lasciata sola dal marito che ha la particolarità di essere “invisibile”. Parto della mente disturbata della donna e del suo ventre? Il bambino, che non ha neppure un nome (la madre lo chiama semplicemente Mon Ange) un giorno incontra una bambina dai capelli rossi cieca ed è lei che, utilizzando i suoi altri sensi quali udito, tatto e olfatto, lo rende “reale”. I due bambini cresceranno insieme fino all’adolescenza quando scopriranno di amarsi. Un fatto nuovo però sconvolge Mon Ange, infatti Madeleine, la ragazza, ha in programma un’operazione agli occhi che le permetterà di tornare a vedere. Cosa succederà al suo ritorno quando vorrà vedere l’invisibile?

Film intelligente che riesce a trasformare una trama ad alto rischio di banalizzazione e di ridicolo in un saggio metacinematografico sull’importanza del suono, del montaggio, della sperimentazione visiva che esalta l’utilizzo dello “sfocato”, dell’immagine inconsueta, del “non” mostrato, del poetico alla faccia dell’alta definizione e della ricerca del vedere sempre più dettagliato che il resto del mondo dell’arte filmica cerca di portare avanti. Film in controtendenza anche per i canoni del Neuchatel International Fantastic Film Festival che lo ha coraggiosamente presentato ad una platea che si aspetta film di genere solitamente di altro tipo (horror, thriller, divertimento parodistico) ma che ha saputo apprezzare questa raffinata squisitezza.

Unico product placement nel finale una macchina fotografica Mamiya che immortala una ben bizzarra famigliola…

 

Trama a cura della redazione di

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