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Cast
  • Jean-Claude Dauphin
  • Yan Epstein
  • Nathalie Fontaine
  • Philippe March
  • Dany Roussel
Produzione
  • O.C.F.

Les amis (1971)

Regia

Gerard Blain

Trama

“Lo dico lo ripeto, per fare un film basta una telecamera, un obiettivo o due e un registratore di suoni, e si può fare un capolavoro” (*). La ricerca della semplicità, dell’asciuttezza delle inquadrature, del suono puro (“la vera musica, per me, è il suono dei passi, il rumore di un bicchiere che viene posato su una tavola”) (*). Bresson, Ozu, Mizoguchi. Ma pure John Ford e Howard Hawks. Questa è l’estetica e la concezione di cinema di Gerard Blain regista. Attore perennemente insoddisfatto (ed è l’interpretazione che gli ha dato la fama mentre come regista è lo ricordano in pochi), Blain nel 1971 esordisce dietro la macchina da presa con Les amis, un film in cui mette in pratica la sua visione di cinema. Attori non professionisti, inquadrature fisse e frontali, poco o niente musica ma rumori d’ambiente postsincronizzati. Ellissi e pudore. Paul, un giovane proveniente da una famiglia di genitori divorziati e con poche possibilità economiche (la madre appena nato aveva pensato di sopprimerlo perché voleva un’altra femmina, il padre si è subito disinteressato di lui e ha passato gran parte dell’infanzia in un istituto – leggendo le note biografiche di Blain ci si rende conto che tutto ciò è in gran parte autobiografico), si accompagna ad un distinto uomo di mezza età, Philippe in un rapporto chiaramente omosessuale. Philippe in qualche modo rappresenta il padre che gli mancava e gli dà l’affetto e il tipo di vita più “agiato” che il giovane agognava. Il film passa attraverso tre stagioni, la primavera del viaggio con Philippe e le prime esperienze teatrali, l’estate del mare e dell’innamoramento per la bionda Marie-Laure (alla quale fa credere che Philippe sia il padrino e di essere un facoltoso studente di una scuola di alto livello), l’autunno (les feuilles mortes) della rottura (e probabilmente della scoperta della menzogna) e della morte. Resterà un amico, Nicolas, lontano dallo snobismo di Marie-Laure, e la speranza di una nuova maturità. Un’immagine per tutte, il primo piano di Philippe in adorazione per il giovane Paul dormiente. Un’immagine d’amore e di generosità sentimentale che tocca il cuore nonostante si potrebbe pensare all’uomo come a poco più di uno sfruttatore sessuale di adolescenti. Il film fu accolto benissimo dalla critica e vinse il Leopardo d’oro a Locarno. Peccato che “il geniale e marginale cineasta che era Gerard Blain sia oggi, più che semisconosciuto, completamente dimenticato” (***). “Un cinema che vive, respira, grida, perché è fisico. Cinema di corpi, prima di tutto, concepito da colui le cui prime professioni sono dovute passare dall’utilizzo del corpo: chi lo ha vissuto ne tiene traccia.” (**).  Nel film appaiono alcune marche (product placement?), la Singer della madre di Paul, delle bottigliette di Coca Cola al bar e la rivista La maison letta da Marie-Laure e amiche. (voto 7+)

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