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Cast
  • Jean-Jacques Aublanc
  • Francoise Michaud
  • Patrick Norbert
  • Isabelle Rosais
  • Michel Subor
Produzione
  • France 2

Le rebelle (1980)

Regia

Gerard Blain

Trama

“Non bisogna piangere, bisogna lottare”. L’antieroe Pierre del film Le rebelle (1980) è, ancora una volta, un ragazzo a cui manca la presenza dei genitori. Il padre è morto in un incidente sul lavoro, la madre a 42 anni di malattia. Pierre è un nichilista che porta all’estremo il pensiero di Gerard Blain “Sono stomacato da sempre ma di decennio in decennio, tutto si degrada sempre di più. Siamo in piena decadenza, in totale inquinamento. Tutto è marcio” (***). Contro tutto e tutti (anche i compagni comunisti rivoluzionari) ama solo la sorella a cui dà quell’amore paterno che lui non ha avuto. Come il Paul de Le pelican rischia di perdere l’unica persona a cui vuol bene perché le istituzioni vogliono allontanarla da lui che non lavora e non può darle un futuro. Pierre ruba, si arrabatta, cerca anche un lavoro “che lo renderebbe schiavo della società”. Quando incontrerà un altro tipico personaggio del cinema di Blain, un ricco affarista di mezza età che si invaghisce di lui, nasce un rigetto verso il capitalista sfruttatore che lo ricatta: o va a letto con lui o non gli darà la possibilità di lavorare. Il personaggio dell’affarista è una degenerazione della figura ambigua, ma paterna e comunque accettata consensualmente dal protagonista, dei film precedenti del regista. Qui Pierre rifiuta la costrizione e neppure vuole sfruttare l’uomo vendendosi. Preferisce svaligiargli la casa e poi addirittura ucciderlo. E quando viene arrestato e allontanato definitivamente dalla sorella, che comincia a piangere disperata, dice la frase che riportavo all’inizio: non piangere, lottare. Un’accusa, un grido di ribellione allo status quo. A coloro che si lamentano senza fare niente Pierre butta la pistola addosso inneggiandoli ad agire. Forse anche una autoaccusa per la frustrante condizione dell’artista Blain che con il suo cinema (per altro negandolo a parole) fa politica contro una società che ritiene aberrante, ma che con la sua espressione artistica non riesce realmente a levarsi il marciume attorno. Il suo film più secco, più bressoniano (molti punti in comune con Il diavolo probabilmente…), alcuni lo accostano, giustamente, anche alla forza bruta e austera allo stesso tempo di Pialat e come quest’ultimo “ancora una volta evita il miserabilismo. La sua austerità ancor più esasperata coincide con una rabbia interiore, non sprovvista di una certa dimensione spirituale che potrebbe sembrare sorprendente da parte di un anarchico, decisamente ateo. Ma le traiettorie seguite dai suoi personaggi sono delle vere via crucis” (***) (voto 7). Il protagonista utilizza per tutto il film una Honda e indossa tute Adidas anche se non penso siano proprio product placement, sono le uniche marche presenti nel film.

Trama a cura della redazione di

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