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Cast
- Taraneh Alidoosti
- Babak Ansari
- Faramarz Gharibian
Produzione
Shahr-e ziba (Beautiful city) (2004)
Regia
Asghar Farhadi
Trama
In un’intervista su un vecchio numero di Sofilm, interessante rivista di cinema francese, cinefila ma non forzatamente intellettuale, da parte di Raphael Clairefond al regista Farhadi, quest’ultimo riconosce il suo amore per il cinema europeo che reputa diviso in due filoni fondamentali, quello derivante dalla Nouvelle Vague francese e quello derivante dal Neorealismo italiano. Dopo aver affermato che molti cineasti di tutto il monto si nutrono di quel cinema, dichiara anche: “Da parte mia, io sono assolutamente l’erede di questo rapporto con il reale, di quel realismo e anche dell’umanesimo di questo cinema: si tratta di interessarsi agli esseri umani in quanto individui facenti parte della vita reale, della vita corrente (…) io sono fiero e molto contento di fare un cinema che s’interessa della quotidianità della vita”. Ed è indubbiamente così. Guardando il suo secondo film, Beautiful city (2004) è evidente quanto sopra affermato ma vi è un qualcosa in più che Farhadi modestamente non dice. Il suo è un cinema di una semplicità estrema ma che racchiude in sé una varietà di argomentazioni, sentimenti, dilemmi morali e comportamenti di una complessità altrettanto estrema. Ancora una volta si tratta di un ritratto di povera gente che ha a che fare con le regole di una società difficile da interpretare e da capire dal punto di vista occidentale. Ancora una volta sono il denaro e le decisioni degli uomini che determinano i legami e i destini della gente. Ancora una volta sono le donne, quelle “che valgono la metà del prezzo di un uomo” ad essere penalizzate e a dover amaramente accettare le decisioni di uomini non particolarmente illuminati. Il film comincia all’interno di un carcere minorile in cui Akbar sta per compiere 18 anni, ovvero l’età adulta per cui può essere messo a morte. Sì perché Akbar ha commesso un femminicidio (probabilmente per un amore contrastato dal padre della fidanzata che è sfociato in un omicidio/suicidio in cui la seconda parte non è stata attuata) ed è stato condannato a morte. Per la legge iraniana, però, per l’esecuzione della sentenza bisogna che l’accusatore, il padre di lei, paghi il “prezzo del sangue” ovvero la differenza tra il valore di un uomo (il colpevole) e quello della donna (la vittima). Nel frattempo un amico di Akbar, A’la, esce dal carcere e si mette in contatto con la sorella del condannato, Firoozeh, donna divorziata con figlio a carico (interpretata da Tarineh Alidoosti, la Leila in Leila e i suoi fratelli e protagonista di altri film di Farhadi, che qui assomiglia alla giovane Valeria Golino) e i due praticamente cominciano a stalkerizzare l’accusatore chiedendogli di ritirare la denuncia contro Akbar e salvargli la vita, in nome anche della condanna coranica della vendetta. Sembra non ci sia nulla da fare, ma anche qui le soluzioni vanno ben al di là del sentimento di rivalsa dell’uomo, infatti si tratta pure di soldi (sempre per la legge iraniana pagando per la salvezza dell’uomo una somma ingente, ed essendo d’accordo la controparte, si può cancellare la condanna) oppure di opportunità (avendo l’uomo una figliastra fortemente disabile, imbeccato dalla moglie, accetta che A’la sposi la ragazza per ritirare la denuncia). La prospettiva di sposare la ragazza disabile è però difficile da prendere per A’la dato che nel frattempo si è innamorato di Firoozeh… abbandonare la speranza di una vita felice con la donna che ama o lasciar condannare l’amico? Questa la scelta che si pone. Ritratto di una società complicata in cui spesso le donne vengono sposate per essere schiave (quello che dice la seconda moglie dell’accusatore all’uomo) o sottomesse (l’ex marito di Firoozeh drogato la “vendeva” per pagarsi le dosi) e in cui la morale e la giustizia sono decise dal denaro (alla faccia delle accuse in questo senso al capitalismo occidentale…) da parte di Farhadi, con il suo stile tra neorealismo e nouvelle vague, come lui tiene a riconoscere. (Voto 7) Nel chiosco gestito dall’ex marito di Firoozeh si vendono e pubblicizzano varie marche di sigarette, Kent, Winston, Bistoon, Bahman, poi acqua e aranciata (marche con caratteri arabi). Product placement completato da un cappellino Nike indossato per tutto il film da A’la e una macchina da cucire Standard usata da Firoozeh.
Trama a cura della redazione di
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