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Cast
  • Nino Altieri
  • Dria Paola
  • Camillo Pilotto
  • Isa Pola
  • Elio Steiner
Produzione
  • Cines-Pittaluga

La canzone dell'amore (1930)

Regia

Gennaro Righelli

Trama

Gennaro Righelli è un regista che andrebbe meglio analizzato. La storia del cinema non lo ha considerato altro che un onesto artigiano di film popolari. Non che non sia vero, tra l’altro lavorò nel periodo della crisi, degli anni Venti del Novecento, del cinema italiano e per riuscire a realizzare film emigrò in Germania. Pittaluga fu l’unico produttore, grazie principalmente ai film di Maciste, a resistere e nel 1926 acquisì la Cines. Come Pittaluga-Cines, attrezzandosi prima di altri alla produzione di film sonori, fu il primo a licenziare un film parlato e cantato, La canzone dell’amore (1930). “Pittaluga mirava a un cinema commerciale ben fatto molto più che alla propaganda. Si prese i migliori operatori, Aldo Vergano ai soggetti, un altro antifascista come Tomaso Smith alle sceneggiature e registi che si erano fatti le ossa più o meno da soli e avventurosamente, come Blasetti e Camerini, affidando però a Righelli, che era un navigatissimo regista più europeo che italiano, il primo film importante della rinascita, il primo film italiano sonoro” (Sergio Amidei *). Stimato quanto Blasetti e Camerini, la storia non ha reso invece gloria a Righelli che è stato dimenticato dagli studiosi. Varrebbe la pena osservare l’utilizzo che fa della cinepresa, con movimenti continui, carrellate e zoom, piani sequenza, inquadrature ricercate (ad esempio quella in campo lungo con l’azione che si svolge dietro le finestre di uno stabile) e azzardate (riprendendo le sperimentazioni del cinema francese degli anni appena precedenti) come il viaggio in treno ansioso della protagonista, il suo allontanarsi disperato dalla casa del ricco, il suo desiderio di suicidio con l’inquadratura dei tetti romani che si deforma e diventa quasi psichedelica per esprimere l’incubo. Tutto ciò, è vero, in un racconto melodrammatico popolare, pieno di canzoni per esaltare il sonoro, e in cui la sceneggiatura, tratta da una novella di Pirandello, si adegua alle richieste del pubblico. Una coppia di innamorati si perde quando la donna scopre di avere un fratellastro neonato dalla madre morta subito dopo il parto. Con questo bambino, che comincia ad allevare come un figlio, perde tutte le sue ambizioni artistiche (era una musicista) e anche l’amore (non ha il coraggio di confessarsi all’amato per non rovinargli la carriera di compositore musicale e fa in modo di sparire da tutti). Due avvenimenti però, qualche anno dopo, le sconvolgeranno l’esistenza, reincontrare l’amato ora accompagnato ad un’amica da sempre gelosa di lei, e il ricco padre del bambino che aveva abbandonato la madre ma ora rivuole il figlio… Finirà bene anche se la tragedia era lì per compiersi. Qualcosa dei temi pirandelliani (il silenzio che non svela la verità, il cambiamento delle condizioni di vita dovuto ad avvenimenti inaspettati) resta ma tutto è “banalizzato”. Resta comunque la regia di Righelli che andrebbe rivalutata. “Non è un volgare strappalacrime. Nonostante il suo basso peso specifico, ha garbo e agilità narrativa con qualche pezzo di bravura registica.” (Morandini). “Di nessun interesse dal punto di vista della trama, ma importante sotto il profilo tecnico perché presenta un insolito dinamismo dei movimenti di macchina e sfrutta la profondità di campo visiva e sonora (voce e canzoni off) in modo originale. (Mereghetti). (Voto 6+)

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