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Cast
- Kristin Griffith
- Mary Beth Hurt
- Diane Keaton
- Geraldine Page
- Sam Waterson
Produzione
-
Jack Rollins & Charles H. Joffe Productions
Interiors (1978)
Regia
Woody Allen
Trama
Interiors (1978) è il film più rigorosamente bergmaniano ed “europeo” di Allen. Privato di ogni ironia e sarcasmo con cui solitamente Allen infarcisce i dialoghi anche nelle commedie “serie”, ne esce un’opera drammatica, pessimista e fatalista. Il regista non rinuncia ai dialoghi, anche ridondanti e un po’ eccessivi, per descrivere una famiglia di intellettuali borghesi formata da un padre che a più di sessant’anni si separa dalla moglie, la moglie che entra in crisi depressiva e le tre figlie che per un motivo o per l’altro sono insoddisfatte della loro vita. Rivisto oggi si fa fatica in alcuni momenti ad assecondare alcune lamentele esistenziali (soprattutto quelle della figlia Joey a cui non va bene nulla di ciò che fa ed è cresciuta nell’invidia della sorella poetessa, ad un certo punto ti viene voglia di dirle che c’è gente che muore di fame e vive in povertà che si metterebbe tristemente a ridere dei suoi problemi…) e alcuni rovelli di frustrazioni artistiche così private dell’ironia alleniana. Dove invece il film stupisce è dal lato formale. Protagonisti del film sono gli interni richiamati (con doppio senso) dal titolo (la casa dove vivono una delle figlie e il marito, stupendamente fotografata con luce soft, mezzi toni e arredi eleganti, potrebbe essere la dimora in cui poggiano i vasi dei quadri di Morandi…), la poetica spiaggia bagnata dall’Oceano che ricorda quelle di numerosi film esistenzialistici, i primi piani per cui dobbiamo ancora richiamare Bergman (soprattutto la meravigliosa scena finale con i tre volti delle tre figlie allineati non può evitare il paragone). Poi le interpretazioni misurate e precise tra cui spiccano Diane Keaton, Maureen Stapleton e una fantastica Geraldine Page. “Interiors è un film di ardita concezione e di raffinata esecuzione, che nasce però da un partito preso: la decisione dell’autore di non far ridere (…) nell’interno del nucleo famigliare i rapporti sono strindberghiani” (Kezich). “ Il primo dramma per lo schermo di Woody Allen come sceneggiatore-regista è un Ingmar Bermanesco studio di una famiglia piena di infelicità, frustrazione di uomini e donne; questo dramma di vite angosciate non è per tutti i gusti, ma estremamente ben fatto” (Leonard Matlin) (voto 6/7) Product placement solo per Coca Cola di cui si vedono due lattine (che stonano con il preciso e geometrico arredamento delle case, metafora della rigidità che diventa una gabbia in cui si rinchiude la psiche della madre).
Trama a cura della redazione di
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