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Cast
- Woody Allen
- Sandy Baron
- Mia Farrow
- Nick Apollo Forte
- Corbett Monica
Produzione
-
Jack Rollins & Charles H. Joffe Productions
Broadway Danny Rose (1984)
Regia
Woody Allen
Trama
Siamo nel periodo più florido e qualitativamente migliore di Woody Allen. Tra il 1983 e il 1987 inanella un capolavoro dietro l’altro. Il periodo inizia con Zelig di cui abbiamo detto e prosegue con Broadway Danny Rose (1984), un divertentissimo ritratto di un manager teatrale di basso livello (tra i suoi artisti abbiamo un domatore di uccelli, un ballerino di tip tap con una gamba sola, uno xilofonista cieco, un giocoliere senza un braccio, Eddie Clark e il suo pinguino che pattina sul palco vestito da rabbino) che appena riesce a portare al successo un suo rappresentato questo lo lascia per manager più famosi. Woody Allen dà il meglio come attore, probabilmente qui abbiamo la sua performance più scatenata e irresistibile, molto autobiografica, che riporta ai suoi inizi da cabarettista. Il film è allo stesso tempo un omaggio a quel mondo dei teatri di periferia, agli artisti sognatori, magari senza troppo talento ma con tanta voglia di esibirsi e sperare in un minimo di fama che non arriverà mai. L’inizio riprende la trovata del mockumentary in bianco e nero già sperimentata in Zelig: attorno ad un tavolo (al Carnegie Deli di Broadway, principale product placement del film), veri attori comici e veri cabarettisti si stanno raccontando aneddoti e alcuni di questi riguardano proprio Danny Rose. Uno di questi aneddoti costituisce la restante parte del film, come se fosse un racconto per immagini dell’attore che al tavolo lo sta narrando. Danny ha tra le mani un vecchio crooner, grasso e ubriacone, Lou Canova (Nick Apollo Forte, anche lui vero cantante semisconosciuto nella vita reale) che riesce miracolosamente a far ritornare in auge. A complicargli la vita arriva l’amante di Canova (una Mia Farrow mai così esplicitamente provocante sullo schermo) di nome Tina Vitale, che fa impazzire Lou, sposato e con figli. Danny deve “gestirla” fino alla serata più importante per Lou Canova, quella che dovrebbe rilanciarlo definitivamente. La storia si fa complicata perché lei è vedova di un componente della comunità italiana di New York, un criminale probabilmente mafioso. Tina e Danny, per un frainteso, finiscono nei guai e devono cercare di sopravvivere alle minacce della famiglia. Ancora oggi è un film che fa ridere di gusto e contemporaneamente ci fa amare questo piccolo uomo e la sulfurea Tina, fino alla scena di una dolcezza infinta in cui Danny riunisce nel suo appartamento da poveraccio la sua corte dei miracoli (intanto Canova come tutti i precedenti, appena riottenuto un po’ di successo, ha lasciato il manager per uno più famoso) per pasteggiare con tacchino congelato. Ma la sua personalità piena di idiosincrasie, confusione e frenesia riescono a conquistare il cuore di Tina. Allen gira per le amate strade di New York e del New Jersey ritornando allo stile “documentario” di Manhattan. Ricordo le parole perfette di Tullio Kezich in una sua recensione del film: “Inutile dire che il film trae dalle situazioni tutto il potenziale umoristico, con una finezza di tocco resa ancora più lieve dal magico bianco e nero di Gordon Willis. Ne esce il ritratto di un don Chisciotte della Grande Mela, un puro cuore da <<hidalgo>> passato attraverso la saggezza dello chassidismo, che si esprime con l’icasticità folgorante dalla <<comic strip>> o dell’entertainer abituato a sparare una battuta dopo l’altra. Irresistibile, ma c’è dentro qualcosa di più: una serena visione dell’esistenza, uno stoico invito a non odiare nessuno.” (da Il film ’80, Oscar Mondadori)(voto 7/8) Tanti i locali e luoghi ripresi da Allen a New York (il NY Sheraton, il Roosevelt Hospital, il già citato Carnegie Deli e altri) ma anche le marche sono abbondanti. Principalmente Coca Cola, poi una pub di Lucky Strike, la birra Lowenbrau, a Tina chiede un Courvoisier ma le danno per errore un Jack Daniel’s. Poi Bulova, Hertz, Seconal…
Trama a cura della redazione di
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